DIALETTICANDO |
Riforma delle pensioni:
necessaria e ben studiata
un lettore che lavora nell'ambito dei fondi pensioni ci scrive
Cos’è
la pensione?
Si
tratta, in sostanza, di un salario differito. Il lavoratore, durante
la sua vita attiva, rinuncia ad una quota della retribuzione per
garantirsi una rendita per quando non sarà più in grado di
lavorare.
Quella
più frequentemente nota è la pensione di vecchiaia, che
spetta al compimento della cosiddetta età pensionabile, a condizione
che sia stato versato un numero minimo di contributi. C’è poi
la pensione di anzianità, una forma di pensionamento
anticipato per chi raggiunge un numero di anni di contribuzione più
elevato.
Per
chi interrompe prima del tempo l’attività lavorativa per motivi di
salute, sono previsti l’assegno di invalidità e
la pensione di inabilità, a seconda della gravità della
sua condizione di salute.
Se
l’importo della pensione calcolato sulla base dei contributi
versati è inferiore ad un determinato importo minimo, interviene lo
Stato che, per mezzo dell’Inps, integra in parte la pensione di chi
non ha altri redditi. Esistono, poi, altre forme di prestazioni, che
vengono definite assistenziali, per coloro che non hanno altri mezzi
di sostentamento. Tali prestazioni, che vengono riconosciute anche se
non sono stati versati contributi, sono costituite ad esempio
dall’assegno sociale e dalle prestazioni di invalidità civile.
Le
riforme che negli ultimi venti anni hanno interessato il nostro
sistema previdenziale si sono rese necessarie per trovare un nuovo
equilibrio a seguito dei cambiamenti avvenuti nella composizione
della popolazione. La speranza di vita degli italiani è infatti
notevolmente aumentata negli ultimi anni (nel 1960 era di 65 anni,
mentre oggi è superiore agli 80) e quindi si è conseguentemente
allungato il periodo in cui il cittadino può usufruire della
pensione. Gli interventi legislativi hanno fatto leva principalmente
su due fattori. Da un lato, hanno tendenzialmente prolungato la
durata del lavoro, innalzando progressivamente l’età
pensionistica, e dall’altro hanno inserito nel calcolo della
pensione dei meccanismi che tenessero conto dell’aumentata speranza
di vita. Per i nostri genitori (ai fini del nostro discorso,
nostri genitori sono tutti coloro che hanno maturato almeno 18 anni
di contribuzione al 31 dicembre 1995) era abbastanza semplice
calcolare la pensione in anticipo, perché le variabili da
considerare erano sufficientemente definite. In pratica, la pensione
veniva calcolata moltiplicando la media delle retribuzioni degli
ultimi anni per il numero di anni lavorati commisurati all’aliquota
di rendimento, fissata al 2 per cento. Era quello che veniva definito
il sistema retributivo.
A
partire dal gennaio 1996 è entrato in vigore il sistema
contributivo, prima in maniera parziale, e poi sempre più
pienamente. Nel calcolo della pensione contributiva intervengono
elementi che rendono praticamente impossibile fare una previsione
certa dell’ammontare futuro della pensione. Infatti, la pensione
viene calcolata sui contributi versati durante tutta la vita
lavorativa, rivalutati periodicamente in relazione all’andamento
dell’economia e dell’inflazione, ed è legata all’effettiva
speranza di vita al momento del pensionamento. Tutti fattori, come si
può facilmente intuire, difficilmente prevedibili quanto più si è
lontani dal momento del pensionamento.
In
sintesi:
- sono state innalzate sia l’età richiesta per andare in pensione sia l’anzianità contributiva minima;
- l’importo della pensione viene collegato:
- all’ammontare dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa e non più alle ultime retribuzioni percepite;
- alla crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL);
- alla durata media del periodo di pagamento della pensione (la cosiddetta “speranza di vita” al momento del pensionamento);
- la pensione viene rivalutata unicamente sulla base dell’inflazione (cioè dell’aumento dei prezzi dei beni e dei servizi) e non più in base all’aumento delle retribuzioni che, generalmente, è più elevato.
Tali
modifiche fanno sì che, nel futuro, le nuove pensioni saranno via
via più basse in rapporto all’ultima retribuzione percepita (il
cosiddetto “tasso di sostituzione”).
E’
questa la ragione principale per cui alla previdenza obbligatoria
viene affiancato il secondo pilastro del sistema: la previdenza
complementare.
Il
quadro normativo di riferimento della previdenza complementare è
attualmente delineato nel Decreto Legislativo 252 del 2005.
I
fondi pensione:
Nelle
moderne società, i sistemi previdenziali offrono ai lavoratori,
oltre all’assicurazione obbligatoria che nasce dal rapporto di
lavoro, la possibilità di aumentare la propria pensione partecipando
volontariamente ai cosiddetti Fondi pensione. Quando si lavora, una
parte dello stipendio non viene data immediatamente al lavoratore, ma
viene messa da parte. La somma che si accumula in questo modo viene
data al lavoratore alla fine del lavoro: è la cosiddetta
liquidazione. Da qualche anno, il lavoratore può scegliere se
versare questa somma ai Fondi pensione. Facendo questa scelta, egli
al termine del lavoro, invece della liquidazione, avrà una pensione
che si andrà ad aggiungere a quella che prenderà per i contributi
obbligatori versati nel corso della vita lavorativa. I Fondi pensione
sono finanziati anche con il contributo dei datori di lavoro, ed i
lavoratori possono scegliere di versare anche somme in più rispetto
a quelle destinate alla liquidazione. L’attività delle forme
pensionistiche complementari è sottoposta al controllo della
Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip), sotto la
vigilanza del ministero del Lavoro. I Fondi pensione vengono creati
in base ad accordi fra i lavoratori di determinate categorie. Ad
essi, possono partecipare i lavoratori di quella categoria, o un
determinato gruppo di essi, individuato in base al tipo di lavoro
svolto o a criteri territoriali. Esiste anche la possibilità di
partecipare a fondi creati da banche o assicurazioni (si parla in
questo caso di Fondi aperti, per differenziarli dai precedenti, detti
Fondi chiusi). Ai Fondi aperti si può aderire anche individualmente.
È possibile, infine, per il lavoratore aderire ad un piano
individuale pensionistico, che sostanzialmente è una forma di
risparmio individuale che ha le stesse finalità dei Fondi pensione.
Si usa dire che i Fondi pensione rappresentano il secondo pilastro su
cui può poggiare il futuro dei lavoratori, quando raggiungeranno
l’età della pensione, essendo il primo pilastro la pensione che si
ottiene con i versamenti obbligatori.
Tutto chiaro adesso è necessario però che le attuali generazioni non debbano pagare per le vecchie perchè così il sistema non è in equilibrio . Oggi io pago per i miei genitori e verrò pagato dai miei figli. Con il metodo contributivo dovrei invece accumulare per la mia vecchiaia e quindi essere sufficinete a me stesso.
RispondiEliminaPerchè per fare un esempio ad effetto però i politici hanno pensioni pazzesche dopo una legislatura o vitalizi?
paolonumber1
60 anni, con 27,5 anni di contributi, in cassa integrazione da dicembre 2012 e la prospettiva di essere licenziato e di non trovare più occupazione.
RispondiEliminaCosa rimane da fare, corda e sapone?