domenica, settembre 08, 2013

Riforma pensioni: necessaria e ben studiata


DIALETTICANDO





Riforma delle pensioni: 
necessaria e ben studiata

un lettore che lavora nell'ambito dei fondi pensioni ci scrive 




Cos’è la pensione?


Si tratta, in sostanza, di un salario differito. Il lavoratore, durante la sua vita attiva, rinuncia ad una quota della retribuzione per garantirsi una rendita per quando non sarà più in grado di lavorare.
Quella più frequentemente nota è la pensione di vecchiaia, che spetta al compimento della cosiddetta età pensionabile, a condizione che sia stato versato un numero minimo di contributi. C’è poi la pensione di anzianità, una forma di pensionamento anticipato per chi raggiunge un numero di anni di contribuzione più elevato.
Per chi interrompe prima del tempo l’attività lavorativa per motivi di salute, sono previsti l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità, a seconda della gravità della sua condizione di salute.
Se l’importo della pensione calcolato sulla base dei contributi versati è inferiore ad un determinato importo minimo, interviene lo Stato che, per mezzo dell’Inps, integra in parte la pensione di chi non ha altri redditi. Esistono, poi, altre forme di prestazioni, che vengono definite assistenziali, per coloro che non hanno altri mezzi di sostentamento. Tali prestazioni, che vengono riconosciute anche se non sono stati versati contributi, sono costituite ad esempio dall’assegno sociale e dalle prestazioni di invalidità civile.
Le riforme che negli ultimi venti anni hanno interessato il nostro sistema previdenziale si sono rese necessarie per trovare un nuovo equilibrio a seguito dei cambiamenti avvenuti nella composizione della popolazione. La speranza di vita degli italiani è infatti notevolmente aumentata negli ultimi anni (nel 1960 era di 65 anni, mentre oggi è superiore agli 80) e quindi si è conseguentemente allungato il periodo in cui il cittadino può usufruire della pensione. Gli interventi legislativi hanno fatto leva principalmente su due fattori. Da un lato, hanno tendenzialmente prolungato la durata del lavoro, innalzando progressivamente l’età pensionistica, e dall’altro hanno inserito nel calcolo della pensione dei meccanismi che tenessero conto dell’aumentata speranza di vita. Per i nostri genitori (ai fini del nostro discorso, nostri genitori sono tutti coloro che hanno maturato almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995) era abbastanza semplice calcolare la pensione in anticipo, perché le variabili da considerare erano sufficientemente definite. In pratica, la pensione veniva calcolata moltiplicando la media delle retribuzioni degli ultimi anni per il numero di anni lavorati commisurati all’aliquota di rendimento, fissata al 2 per cento. Era quello che veniva definito il sistema retributivo.
A partire dal gennaio 1996 è entrato in vigore il sistema contributivo, prima in maniera parziale, e poi sempre più pienamente. Nel calcolo della pensione contributiva intervengono elementi che rendono praticamente impossibile fare una previsione certa dell’ammontare futuro della pensione. Infatti, la pensione viene calcolata sui contributi versati durante tutta la vita lavorativa, rivalutati periodicamente in relazione all’andamento dell’economia e dell’inflazione, ed è legata all’effettiva speranza di vita al momento del pensionamento. Tutti fattori, come si può facilmente intuire, difficilmente prevedibili quanto più si è lontani dal momento del pensionamento.

In sintesi:
  • sono state innalzate sia l’età richiesta per andare in pensione sia l’anzianità contributiva minima;
  • l’importo della pensione viene collegato:
  1. all’ammontare dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa e non più alle ultime retribuzioni percepite;
  2. alla crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL);
  3. alla durata media del periodo di pagamento della pensione (la cosiddetta “speranza di vita” al momento del pensionamento);
  4. la pensione viene rivalutata unicamente sulla base dell’inflazione (cioè dell’aumento dei prezzi dei beni e dei servizi) e non più in base all’aumento delle retribuzioni che, generalmente, è più elevato.
    Tali modifiche fanno sì che, nel futuro, le nuove pensioni saranno via via più basse in rapporto all’ultima retribuzione percepita (il cosiddetto “tasso di sostituzione”).
    E’ questa la ragione principale per cui alla previdenza obbligatoria viene affiancato il secondo pilastro del sistema: la previdenza complementare.
Il quadro normativo di riferimento della previdenza complementare è attualmente delineato nel Decreto Legislativo 252 del 2005.

I fondi pensione:

Nelle moderne società, i sistemi previdenziali offrono ai lavoratori, oltre all’assicurazione obbligatoria che nasce dal rapporto di lavoro, la possibilità di aumentare la propria pensione partecipando volontariamente ai cosiddetti Fondi pensione. Quando si lavora, una parte dello stipendio non viene data immediatamente al lavoratore, ma viene messa da parte. La somma che si accumula in questo modo viene data al lavoratore alla fine del lavoro: è la cosiddetta liquidazione. Da qualche anno, il lavoratore può scegliere se versare questa somma ai Fondi pensione. Facendo questa scelta, egli al termine del lavoro, invece della liquidazione, avrà una pensione che si andrà ad aggiungere a quella che prenderà per i contributi obbligatori versati nel corso della vita lavorativa. I Fondi pensione sono finanziati anche con il contributo dei datori di lavoro, ed i lavoratori possono scegliere di versare anche somme in più rispetto a quelle destinate alla liquidazione. L’attività delle forme pensionistiche complementari è sottoposta al controllo della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip), sotto la vigilanza del ministero del Lavoro. I Fondi pensione vengono creati in base ad accordi fra i lavoratori di determinate categorie. Ad essi, possono partecipare i lavoratori di quella categoria, o un determinato gruppo di essi, individuato in base al tipo di lavoro svolto o a criteri territoriali. Esiste anche la possibilità di partecipare a fondi creati da banche o assicurazioni (si parla in questo caso di Fondi aperti, per differenziarli dai precedenti, detti Fondi chiusi). Ai Fondi aperti si può aderire anche individualmente. È possibile, infine, per il lavoratore aderire ad un piano individuale pensionistico, che sostanzialmente è una forma di risparmio individuale che ha le stesse finalità dei Fondi pensione. Si usa dire che i Fondi pensione rappresentano il secondo pilastro su cui può poggiare il futuro dei lavoratori, quando raggiungeranno l’età della pensione, essendo il primo pilastro la pensione che si ottiene con i versamenti obbligatori.




2 commenti:

  1. Tutto chiaro adesso è necessario però che le attuali generazioni non debbano pagare per le vecchie perchè così il sistema non è in equilibrio . Oggi io pago per i miei genitori e verrò pagato dai miei figli. Con il metodo contributivo dovrei invece accumulare per la mia vecchiaia e quindi essere sufficinete a me stesso.
    Perchè per fare un esempio ad effetto però i politici hanno pensioni pazzesche dopo una legislatura o vitalizi?
    paolonumber1

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  2. 60 anni, con 27,5 anni di contributi, in cassa integrazione da dicembre 2012 e la prospettiva di essere licenziato e di non trovare più occupazione.

    Cosa rimane da fare, corda e sapone?

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