domenica, settembre 29, 2013

Innamorarsi in una grande città: una sotto-forma di ansia



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Innamorarsi in una grande città: una sotto-forma di ansia

di Carolina Zarrilli




Carolina Zarrilli















Lo scopo della nostra vita e' riassunto nel trovare il compagno che ci accompagnerà per resto della nostra vita. 
Quale donna non sogna il matrimonio perfetto con il proprio principe azzurro e avere dei  bambini? 
Ormai tutto questo e' diventato uno stereotipo. Si vede dappertutto, dalla televisione alla pubblicità in giro per le strade. 
L'amore sembra essere la parte più importante della nostra esistenza. Bisognerebbe però pensare che  la definizione di amore in ogni secolo che è venuto e che verrà cambierà e si evolverà sempre. Oggi viviamo in una società che corre e non si vuole mai fermare. Con questo intendo che tutto viene svolto in maniera estremamente veloce come se improvvisamente non ci fosse più tempo ne' per pensare ne' per vivere. Questo accade non solo nel mondo nel lavoro, nel quale bisogna cercare di sopravvivere in qualunque modo pur di garantirsi uno stipendio, ma anche nelle relazioni. Un rapporto si basa sempre di piu' sulla velocità. Si aprono e chiudono relazioni come nulla. Si sente spesso dire che "Se a letto va bene , la relazione va bene". Non è più come un volta che l'uomo corteggiava una donna e ci volevano anche degli anni affinché lei si lasciasse toccare. Oggi giorno sembra essere tutto una gara contro il tempo. Ciò accade soprattutto nelle grandi città dove probabilmente c'è una possibilità di "scelta" maggiore rispetto ad un paesino. Questo avviene soprattutto tra i giovani  dove sta crescendo una sotto-forma di ansia nella quale bisogna aver fatto certe esperienze entro una certa età se no si viene classificati come dei perdenti. Io nomino questo fenomeno "consumismo" perché le persone non si accontentano mai di conoscere una persona bene e di approfondire la relazione. Qui appunto inizia una corsa, la corsa nella quale si fanno più esperienze possibili.  
Da una parte è sempre visto bene da parte degli amici se si ha un ragazzo/a, ci si può vantare, si può raccontare; ma dall'altra io noto che i miei coetanei non riescono a vivere da soli. Sono dipendenti da una qualsiasi persona. Ciò può essere dovuto ad una mancanza di affetto da parte dei genitori che a volte possono essere assenti. 
Quindi inizia una disperata ricerca o di affetto o di cambiamento e ogni volta che qualcuno presenta una persona ad un'altra sembra sempre che con lei si possa costruire qualcosa. Senza neanche conoscerla si inizia a pensare a quanto perfetta essa sia; poi, o si ha la delusione se ci si aspettava che fosse una persona diversa, oppure il sabato dopo se ne conosce un'altra e ricomincia di conseguenza il gioco. 
Ritengo orribilmente bello che nella nostra vita abbiamo la possibilità di scegliere chi amare. Questa è una grande verità che adesso non percepisco più. 

Addirittura delle statistiche sui giovani riportano che il primo rapporto completo viene compiuto a 13- 14 anni per le ragazze e 14- 15 per i ragazzi. Secondo anche un giornale celebre " Economist" le gravidanze da parte di madri minorenni stanno aumentando sempre di più. Sono dati forti che comunque dovrebbero colpire non tanto per l'età, perchè ognuno è libero di sentirsi pronto quando lo ritiene opportuno, ma quanto credo che  a quell'età  non si conosca bene il mondo in cui si vive, come funzionano le relazioni tra le persone e quindi vivere tutto così velocemente porta a domandarsi cosa si farà dopo e soprattutto porta a far diventare questa cosa come qualcosa di scontato che si fa con il primo che passa. Non viene quindi più attribuito un valore importante come nel passato. 
Mi è capitato a volte di sentire ragazzi di 17 o 18 anni che mi dicevano che non riuscivano più a essere soddisfatti di nessuna ragazza. Questo fa rabbrividire perché alla loro età bisognerebbe solo essere spensierati e cercare di capire come funziona questo mondo.
Ormai essere trattati male o essere addirittura traditi dal proprio compagno e' la normalità. Tutto questo per colpa del fatto che si corre sempre. Le persone ora non guardano più in alto bensì soltanto per terra pensando a se stessi.
Secondo me tutto questo e' anche dovuto alla paura. Paura di vivere veramente. Si può notare sempre di più come le persone tendano a indossare una maschera o costruirsi un muro per non soffrire. L'uomo non si è ancora rassegnato al fatto che il dolore è semplicemente un compromesso della vita.  Farebbe  bene ogni tanto cadere e farsi male perché  bisogna saper rialzarsi per poi andare avanti. Le persone hanno difficoltà ad aprirsi e a svelarsi agli altri come realmente sono. 

I matrimoni sembrano essere delle firme su un pezzo di carta e non assumono più il valore che si dava una volta. 
E' normale sentire che una persona si sia sposata più volte e abbia avuto più figli da parte di più donne. 
credo non ci sia più l'importanza di questa scelta. Tanto si pensa che si può comunque andare in un tribunale a risolvere la questione in poco tempo. Quindi tanto vale provarci se mai si chiamano gli avvocati. 

Questa e' sicuramente una società più liberale. È bello, ma bisognerebbe imparare a sfruttare questa libertà in maniera corretta ed equilibrata. Perché è troppo semplice andare in giro a conoscere persone che poi si sa già che verranno ferite oppure neanche si accorgeranno di nulla. Quello che è difficile e' riconoscere quando ognuno di noi è realmente felice con o senza una persona accanto. Appunto perché  c'è più libertà  non dovrebbe essere visto male se una donna o un uomo decidono per loro scelta o meno di rimanere da soli oppure di " essere sposati con se stessi " . 

L' amore per un essere umano e' fondamentale, ma a questo punto e' giusto chiedersi se si sta facendo bene o meno, perché è corretto pensare ogni tanto a se stessi ma ci sono anche agli altri intorno a noi. 


La società dovrebbe fermarsi un po' e non avere più un' enorme voglia di conoscere perché è bello anche osservare l' ignoto e godersi attimo per attimo. Non c'è alcuna fretta, c' e' sempre tempo per  pensare e prendere decisioni importanti. Le persone vanno conosciute con il tempo, imparare a valutarle. Imparare a ricordarsi delle piccole cose fatte insieme, dai sorrisi ai litigi. Le grandi scelte possono aspettare per il primo momento. le cose poi vanno da sè senza aver bisogno di prendere grandi decisoni.

Bisogna dare tempo al tempo. 




" Si ha paura di migliaia di cose, del dolore,dei giudizi, del proprio cuore, si ha paura del sonno, del risveglio, paura della solitudine, del freddo, della follia, della morte. Ma sono tutte maschere, travestimenti. In realtà c'è una sola paura: quella di lasciarsi cadere, di fare quel passo verso l' ignoto"
-Hermann Hesse. 


"Tutti dicono che l' amore fa male, ma non è vero. La solitudine fa male. Perdere qualcuno fa male. Tutti confondono queste cose con l' amore , ma in realtà l'amore e' l' unica cosa in questo mondo che copre tutto il dolore e ci fa sentire ancora meravigliosi."
-Oscar Wilde 

Innamorarsi in una grande città: troppa paura



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Innamorarsi in una grande città: troppa paura

di Alessandra Dal Monte







Vengo da un paese – Lonigo, Vicenza – in cui le dinamiche relazionali sono abbastanza lineari. Ci si piace, si esce qualche volta, se tutto fila liscio ci si mette insieme. Magari dura un mese, ma in quel periodo la ragazza e il ragazzo non hanno paura di dire che sono «morosi». 
Ecco, a Milano le cose sono un pochino diverse. Tanto per cominciare,l’espressione «stare insieme» non esiste. Al massimo «ci si vede». Di conseguenza nessuno ti dirà mai «sei la mia ragazza»: se ti va bene, sarai «la tipa» che lui sta frequentando.
Se ti va bene. Perché di solito va male.
C’è quello che la seconda sera ti porta a cena con gli amici d’infanzia, ripetendoti di continuo: «Ma perché non ti ho incontrato prima?». Tu sorridi e pensi di aver finalmente trovato un ragazzo normale, uno che non ha paura di far vedere quanto gli piaci. Peccato che dopo la terza uscita il ragazzo normale svanisca nel nulla. Se lo chiami risponde, e ti dice: «Scusa, è che mi lancio troppo all’inizio, ma poi mi tiro indietro».
C’è anche quello che ti riempie di messaggi: ti scrive «Buongiorno» e «Buonanotte», ti chiede cosa fai a tutte le ore. Ti fa sentire al centro dei suoi pensieri, ma non ha mai tempo di vederti: tra palestra, amici, partita non trova un momento. E quando sta a casa preferisce dormire: «Sai, io domani mi alzo presto».
Poi c’è quello con cui sembra tutto a posto. Grande intesa, messaggi e chiamate. Il problema è che non va bene solo con te: anche con la fidanzata storica, che non intende mollare. E c’è l’amico con cui avverti la scintilla: cinema, cene, chiacchierate. Lui ti riempie di complimenti e attestati di stima. Ma non ci prova mai e va in vacanza con un’altra. Poi c’è quello che al primo appuntamento confessa: «Sognavo da secoli di uscire con te». Ma a fine serata, anziché chiederti «Quando ci rivediamo?» ti dice«Keep in touch». Sì, proprio «keep in touch». Dopodiché si dilegua.
C’è pure quello che si è già dileguato. E a un paio di mesi dalla sparizione ti suona il campanello a metà pomeriggio: «Passavo di qua, mi offri un caffè?». Il caso classico, poi, è quello delle uscite che si protraggono per mesi senza un crescendo: nessun «Mi piaci», nessun «Sto bene con te». Solo qualche serata, con in mezzo tanti silenzi.
Insomma, in questa città esprimere sentimenti sembra vietato: si passerebbe per l’appiccicoso/a di turno. Sopravvive solo chi si chiude a riccio, chi finge disinteresse, chi gioca al ribasso.
Sia chiaro: questo non è un j’accuse contro gli uomini. Ci comportiamo tutti allo stesso modo, ragazze incluse. E finisce che, pur di non farci male, se incontriamo qualcuno che ci piace non glielo dimostriamo.
Ma perché a Milano le relazioni sono così difficili?
È la conseguenza della bulimia di incontri che la città offre? È perché, convinti di avere mille possibilità a disposizione, continuiamo a cercare quello che non abbiamo?

Oppure il problema è che non ci mettiamo mai in gioco perché siamo troppo spaventati? Forse temiamo di essere criticati, delusi, abbandonati. E allora non facciamo alcuno sforzo né alcun passo, così possiamo raccontarci che «tanto non ci abbiamo messo impegno».




martedì, settembre 10, 2013

Viabilità a Milano: critiche faziose



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Viabilità a Milano: critiche faziose 
di Renato Belisonzi





Premessa:

Le persone, anzichè lamentarsi dopo, sono invitate a partecipare a Consigli di Zona e riappropriarsi delle decisioni relative al loro territorio. Libertà è partecipazione, cantava il Sig. G. 
Spesso le critiche sono polemicamente capziose e faziose ("le ha fatte quella stupida della Moratti, o quello stupido di Pisapia", quando sappiamo benissimo che sono competenza degli assessorati: ci mancherebbe altro che il Sindaco debba occuparsi di queste cazzate, c'è un problema Expo ENORME da coordinare!!).

Detto ciò:

1) ROTATORIE C'è l'inflazione e sono costose (i costruttori ci ...mangiano): ma sono suggerite dall'Europa con relativi CONTRIBUTI per uniformare la viabilità. Certo che tante appaiono inutili.

2) Divieto di svolta a sinistra: SONO ASSOLUTAMENTE FAVOREVOLE, anzi lo estenderei tipo Buenos Aires anche in V.le Padova (è solo un esempio!) dove la svolta a sinistra blocca il traffico di chi sta dietro (code, inquinamento, clacson ecc). Andare a Parigi per credere: per andare a sx si gira a dx, poi a sx, poi a sx  e poi si attraversa il boulevard e si arriva a destinazione. Meglio 500 mt scorrevoli che 1 minuto con tante macchine ferme!!

Comunque non ho competenze specifiche di viabilità e semaforizzazione, credo solo di fare alcune considerazioni di "buon senso", che non è nè di dx nè di sx (ma che trovo sempre più raro!)


Viabilità a Milano: scelte scellerate


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Viabilità a Milano: scelte scellerate
di Gianfranco Balzi







Approfitto di questo spazio per proporre una campagna contro la politica della mobilita' praticata dall'amministrazione comunale a milano.
sono gia' alcuni anni che il comune crea rotatorie dentro l'abitato di Milano, creando gravi difficolta' alla viabilita', spendendo tantissimi soldi e rubando tantissimi posti auto con le piu' varie scuse; p.e.allargando a dismisura i marciapiedi, creando aiuole di cemento(!), con i panettoni di cemento o i paletti di acciaio, ma ultimamente siamo arrivati al parossismo.
Segnalo che in via M.Gioia, andando verso il centro, si arriva alla fine ai bastioni: ebbene, dove prima al semaforo si poteva girare a destra o a sinistra, adesso vogliono imporre la svolta a destra obbligatoria, costringendo le macchine a svoltare a destra, farsi quasi un chilometro fino a porta volta, fare l'inversione e rifare la strada al contrario, facendo spendere tempo, soldi e carburante, inquinando l'aria e tutto questo perche' qualche burocrate parassita del comune intende intascare le tangenti dalle ditte appaltatrici, oltre a spartirsi i finanziamenti europei erogati per la sicurezza stradale.



Le risposte ricevute sulla pagina facebook del Sindaco Pisapia:


Gian Luca le rotatorie probabilmente salvano molte vite ogni anno

Mi piace · Rispondi · 1 · 3 maggio alle ore 22.35





Alessio Proietti Visto il numero di incidenti che ci sono agli incroci senza rotatorie...

            Mi piace · Rispondi · 1 · 3 maggio alle ore 22.38






            

Dalmo Mao Io invece vorrei sapere quali problemi "gravi" alla mobilità , ha creato l'unica rotatoria
creata in Viale Ortles 

Mi piace · Rispondi · 1 · 3 maggio alle ore 23.08





lunedì, settembre 09, 2013

Pubblicità': libera le donne e apre la mente

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Pubblicità: libera le donne e apre la mente
di Natascia D'Isa
Direttore Marketing e Comunicazione (Silvian Heach)












SILVIAN HEACH è un marchio esclusivamente femminile disegnato e prodotto dall'azienda ARAV Fashion, guidata e composta prevalentemente da donne.
L'ultimo dei nostri obiettivi è pertanto svilire la donna a cui, di contro, vogliamo dare  attraverso le nostre campagne, certamente provocatorie, un messaggio forte di libertà e di apertura mentale. Le donne Silvian Heach devono poter essere libere di esibire se stesse, laddove lo desiderino, senza dover temere in alcun modo che il loro atteggiamento, a volte anche sfrontato, possa essere interpretato da uomini prepotenti e incapaci di gestire le proprie pulsioni come un "via libera" a comportamenti scorretti.
Gabriele Clima (n.d.r. che sul blog dei creativi italiani invita i soci a protestare contro la pubblicità sessista), forse, dovrebbe domandarsi se ritiene corretto che una ragazza che esce la sera debba rinunciare ad una minigonna per paura di essere accusata di aver "indotto" una eventuale violenza. Io e l'azienda che rappresento, dunque, non smetteremo di batterci per permettere si possa comportare e vestire come vuole senza che per questo possa essere considerata una istigatrice della violenza maschile.







domenica, settembre 08, 2013

Pubblicità: offende e ferisce per sempre


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Pubblicità: offende e ferisce per sempre

di Lucia Robatto





Lucia Robatto scrive al Direttore Marketing e Comunicazione della Silvian Heach


Lucia Robatto
Gentili signori,

l'anno scorso ci avevate deliziato con la modella senza mutande, quest'anno avete fatto di meglio: una donna dentro una vasca e due uomini addosso a lei a farle non si sa bene cosa.
Anche la ragazzina con il labbro malizioso e la borsetta microscopica appoggiata guarda un po' proprio li non è niente male come messaggio da passare, soprattutto alle nuove generazioni, che stanno crescendo nel totale disinteresse di tutti (salvo quando finiscono nel "target" dei profitti delle aziende)

Ah ma cosa dico, sono foto d'autore, ah certo, vuoi mettere l'ironia, ci mancherebbe, si tratta di una filosofia aziendale molto alta perbacco, come possiamo vedere tutti.

Mi si dice che siate un'azienda in espansione, sono contenta per voi. Se vendere e solo vendere è il vostro unico obiettivo allora siete indubbiamente bravi. Ci sono però aziende che sono capaci di raggiungere questo stesso obiettivo senza rinunciare al valore fondante dell'impresa, che si chiama responsabilità sociale. E in un momento di emergenza sociale per la donna così drammatico come quello che stiamo vivendo uscirsene fuori con quell'immagine della donna nella vasca mi fa dire che Silvian Heach no, questo valore fondante non sa nemmeno cosa sia. E non c'è Iap, protesta, eventuale ritiro della vostra pubblicità che possa riparare il danno che provocano immagini come queste, né restituire a voi un solo briciolo di credibilità e stima (che per certi consumatori sono pure valori importanti per fare acquisti, credetemi)
Buone vendite

Lucia Robatto





E il Direttore Marketing e Comunicazione della Silvian Heach risponde così:

Gentile Sig.ra Lucia,

Il suo accanimento mi fa sorridere.
Mi ricorda me stessa quando avevo trent’anni e vivevo di ideali!
Tuttavia le faccio i miei complimenti per la sua tenacia.
Sarò sempre molto interessata a leggere (e a rispondere) le sue mail.

Cordialità.











Riforma pensioni: necessaria e ben studiata


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Riforma delle pensioni: 
necessaria e ben studiata

un lettore che lavora nell'ambito dei fondi pensioni ci scrive 




Cos’è la pensione?


Si tratta, in sostanza, di un salario differito. Il lavoratore, durante la sua vita attiva, rinuncia ad una quota della retribuzione per garantirsi una rendita per quando non sarà più in grado di lavorare.
Quella più frequentemente nota è la pensione di vecchiaia, che spetta al compimento della cosiddetta età pensionabile, a condizione che sia stato versato un numero minimo di contributi. C’è poi la pensione di anzianità, una forma di pensionamento anticipato per chi raggiunge un numero di anni di contribuzione più elevato.
Per chi interrompe prima del tempo l’attività lavorativa per motivi di salute, sono previsti l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità, a seconda della gravità della sua condizione di salute.
Se l’importo della pensione calcolato sulla base dei contributi versati è inferiore ad un determinato importo minimo, interviene lo Stato che, per mezzo dell’Inps, integra in parte la pensione di chi non ha altri redditi. Esistono, poi, altre forme di prestazioni, che vengono definite assistenziali, per coloro che non hanno altri mezzi di sostentamento. Tali prestazioni, che vengono riconosciute anche se non sono stati versati contributi, sono costituite ad esempio dall’assegno sociale e dalle prestazioni di invalidità civile.
Le riforme che negli ultimi venti anni hanno interessato il nostro sistema previdenziale si sono rese necessarie per trovare un nuovo equilibrio a seguito dei cambiamenti avvenuti nella composizione della popolazione. La speranza di vita degli italiani è infatti notevolmente aumentata negli ultimi anni (nel 1960 era di 65 anni, mentre oggi è superiore agli 80) e quindi si è conseguentemente allungato il periodo in cui il cittadino può usufruire della pensione. Gli interventi legislativi hanno fatto leva principalmente su due fattori. Da un lato, hanno tendenzialmente prolungato la durata del lavoro, innalzando progressivamente l’età pensionistica, e dall’altro hanno inserito nel calcolo della pensione dei meccanismi che tenessero conto dell’aumentata speranza di vita. Per i nostri genitori (ai fini del nostro discorso, nostri genitori sono tutti coloro che hanno maturato almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995) era abbastanza semplice calcolare la pensione in anticipo, perché le variabili da considerare erano sufficientemente definite. In pratica, la pensione veniva calcolata moltiplicando la media delle retribuzioni degli ultimi anni per il numero di anni lavorati commisurati all’aliquota di rendimento, fissata al 2 per cento. Era quello che veniva definito il sistema retributivo.
A partire dal gennaio 1996 è entrato in vigore il sistema contributivo, prima in maniera parziale, e poi sempre più pienamente. Nel calcolo della pensione contributiva intervengono elementi che rendono praticamente impossibile fare una previsione certa dell’ammontare futuro della pensione. Infatti, la pensione viene calcolata sui contributi versati durante tutta la vita lavorativa, rivalutati periodicamente in relazione all’andamento dell’economia e dell’inflazione, ed è legata all’effettiva speranza di vita al momento del pensionamento. Tutti fattori, come si può facilmente intuire, difficilmente prevedibili quanto più si è lontani dal momento del pensionamento.

In sintesi:
  • sono state innalzate sia l’età richiesta per andare in pensione sia l’anzianità contributiva minima;
  • l’importo della pensione viene collegato:
  1. all’ammontare dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa e non più alle ultime retribuzioni percepite;
  2. alla crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL);
  3. alla durata media del periodo di pagamento della pensione (la cosiddetta “speranza di vita” al momento del pensionamento);
  4. la pensione viene rivalutata unicamente sulla base dell’inflazione (cioè dell’aumento dei prezzi dei beni e dei servizi) e non più in base all’aumento delle retribuzioni che, generalmente, è più elevato.
    Tali modifiche fanno sì che, nel futuro, le nuove pensioni saranno via via più basse in rapporto all’ultima retribuzione percepita (il cosiddetto “tasso di sostituzione”).
    E’ questa la ragione principale per cui alla previdenza obbligatoria viene affiancato il secondo pilastro del sistema: la previdenza complementare.
Il quadro normativo di riferimento della previdenza complementare è attualmente delineato nel Decreto Legislativo 252 del 2005.

I fondi pensione:

Nelle moderne società, i sistemi previdenziali offrono ai lavoratori, oltre all’assicurazione obbligatoria che nasce dal rapporto di lavoro, la possibilità di aumentare la propria pensione partecipando volontariamente ai cosiddetti Fondi pensione. Quando si lavora, una parte dello stipendio non viene data immediatamente al lavoratore, ma viene messa da parte. La somma che si accumula in questo modo viene data al lavoratore alla fine del lavoro: è la cosiddetta liquidazione. Da qualche anno, il lavoratore può scegliere se versare questa somma ai Fondi pensione. Facendo questa scelta, egli al termine del lavoro, invece della liquidazione, avrà una pensione che si andrà ad aggiungere a quella che prenderà per i contributi obbligatori versati nel corso della vita lavorativa. I Fondi pensione sono finanziati anche con il contributo dei datori di lavoro, ed i lavoratori possono scegliere di versare anche somme in più rispetto a quelle destinate alla liquidazione. L’attività delle forme pensionistiche complementari è sottoposta al controllo della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip), sotto la vigilanza del ministero del Lavoro. I Fondi pensione vengono creati in base ad accordi fra i lavoratori di determinate categorie. Ad essi, possono partecipare i lavoratori di quella categoria, o un determinato gruppo di essi, individuato in base al tipo di lavoro svolto o a criteri territoriali. Esiste anche la possibilità di partecipare a fondi creati da banche o assicurazioni (si parla in questo caso di Fondi aperti, per differenziarli dai precedenti, detti Fondi chiusi). Ai Fondi aperti si può aderire anche individualmente. È possibile, infine, per il lavoratore aderire ad un piano individuale pensionistico, che sostanzialmente è una forma di risparmio individuale che ha le stesse finalità dei Fondi pensione. Si usa dire che i Fondi pensione rappresentano il secondo pilastro su cui può poggiare il futuro dei lavoratori, quando raggiungeranno l’età della pensione, essendo il primo pilastro la pensione che si ottiene con i versamenti obbligatori.