DIALETTICANDO |
Per uscire dalla crisi: impegno e responsabilità
di Giorgio Loli
Presidente Consiglio dei Revisori di Unicredit
Serge Latouche, il guru della decrescita, ci dice che la necessità di ridurre la distruzione del pianeta impone di ridimensionare il nostro stile di vita e non solo attraverso una cura dimagrante della nostra evidente obesità, ma anche attraverso un cambiamento dei nostri bisogni.
Siamo troppo abituati a cercare e talvolta trovare responsabili esterni a noi che hanno provocato la crisi attuale: mutui subprime della California, speculazione finanziaria, globalizzazione, grande fratello. E ancor più cerchiamo di individuare chi altro può portarci fuori da questa situazione soffocante: l’Europa, la Germania, il nuovo Governo, l’eliminazione dell’euro.
Facciamo molta fatica ad ammettere che la crisi l’abbiamo provocata noi, con i nostri comportamenti, e che solo noi possiamo uscirne, cambiando i nostri comportamenti.
Le civiltà o più semplicemente le comunità si reggono sugli ideali e sui valori che sviluppano nel loro formarsi. Quali sono questi valori e ideali oggi? Se ci interroghiamo onestamente dobbiamo ammettere che sono più individuabili nella ricerca del benessere e dell’arricchimento che non nella solidarietà e mantenimento del bene comune.
In Italia oggi vi sono aziende dove la remunerazione più alta dei dipendenti è 500 volte quella più bassa. Il sogno di molti è di vivere di rendita, e questa è meno tassata del lavoro dipendente. L’evasione fiscale, anche quella di piccolo cabotaggio nel pagare illegalmente la parcella del medico, è considerata una furberia. Sporcare le strade e i marciapiedi è considerato un diritto.
La crisi viene dal nostro stile di vita. In Italia sono molti anni che consumiamo più di quanto possiamo permetterci. L’enorme debito pubblico è la misura di quanto abbiamo consumato di troppo. Nessuno può sottrarsi a questa responsabilità. E’ la somma delle nostre piccole o grandi evasioni, dell’aver eletto chi ha amministrato male il paese, di non esserci impegnati in compiti di gestione della cosa pubblica, di aver mangiato più del necessario.
La crisi può essere risolta solo se cambiamo il nostro stile di vita, ognuno di noi, individualmente. Senza cercare la scusa che prima devono farlo i più ricchi o quelli del nord o quelli del sud.
Cosa vuol dire cambiare stile di vita? Vuol dire, per prima cosa, smettere di cercare le cause all’esterno di noi, dove peraltro non possiamo fare un granché; ma assumere le responsabilità che ci competono. Vuol dire recuperare un comportamento sobrio, rispettoso della comunità e dell’ambiente, vuol dire rendersi conto che il benessere si trova in una convivenza civile e pervasa di sentimenti.
Certo che non è facile, ma se proviamo a cambiare la direzione del nostro sguardo spostandolo dagli altri verso di noi, scopriremo quante risorse inutilizzate abbiamo da mettere a disposizione della soluzione di questa crisi.
Gentile Giorgio Loli, la Sua visione della vita e della crisi è perfetta, ma nessuno la capirà. Peccato...L.G.
RispondiEliminaLa colpa si legge nell'articolo è "aver mangiato più del necessario" e ora ciascuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità. Sarà... ma io vedo tanta gente che vorrebbe tanto mangiare più del necessario, ma non ha nemmeno il necessario. Non credo sia giusto dare sempre la colpa a tutti; con la crisi la povera gente non c'entra per nulla. I responsabili di questa crisi sono i pochissimi potenti che guidano con disinvoltura e godimento i destini degli italiani, non certo gli impiegati che arrivano con fatica a fine mese. Troppo facile e troppo ingiusto distribuire su tutti indistamente colpe e responsabilità.
RispondiEliminaUn impiegato medio che ha mille colpe, ma non vuole assumersi anche quella della crisi.
La crisi l'abbiamo generata noi? Puo' essere ma perche' il debito pubblico oltre il 100% da molti decenni port il cnto solo ora in modo cos' violento e perchè in un momento di recessione mondiale?
RispondiEliminaChe idea di Europa abbiamo ? Vediamo infatti che essa e' spaccat tra nord e sud . ALcuni paesei hanno fatto i furbi, alcuni sono cresciuti come bolla, altri hanno ritoccato i dati ufficiali... Ma chi ne giova? Pochi paesi forti? Non sarà che questa crisi cos' realizzata giuvi solo ad alcuni? Se parliamo di sussiedarietà non sarebbe meglio crescere tutti insieme senza nascondere le responsablità pregresse, ma senza caricare sui figli le colpi dei pochi padri? In altre parole non è la crisi generata negli anni 70 80 del secolo scorso oggi la paghino i molti giovani, disoccupati.. di oggi che cos' non riescono ad entrare nel circolo della vita normale? Chi giova a fare collassare cos' l'economia? E' vero che l' uscita dell'euro sarebbe dura, ma porterebbe a "svalutare in maniera piatta la nostra economia rendendola competitiva come fatto per decenni con la lira.
Se vediamo le automobili oggi quelle tedesche non costano molto di più di quelle nazionali. Risultato le nostre non sono più competitive. Costiamo troppo per pagare il passato, ma cos' non possiamo crescere. un cane che si morde la coda. Mi spiace, ma credo che per uscirne dovremmo ripartire da un'altra base o insieme all' Europa o senza, ma cos' non ne veniamo fuori.
paolonumber1
Purtroppo in economia chi non è efficiente, paga. Non si tratta di essere furbi o egoisti. Qui la morale non c'entra per nulla. Dobbiamo essere efficienti. Uscire dall'Europa, svalutare, monetizzare il debito, abbassare i tassi, aumentare le tasse o ridurre le tasse...tutte "furbizie" che possono servire solo nel breve periodo. Dobbiamo diventare competitivi ed efficienti. Al momento, evidentemente, non lo siamo.
RispondiEliminaBruno Piccolo
La popolazione mondiale aumentata di 2 milliardi in 20 anni e destinata ad aumentare altrettanto nei prossimi 20 darà il colpo di grazia a tutte le possibili crescite sviluppi e PIL.
RispondiEliminaMIRKO
Cari lettori di Dialetticando,
RispondiEliminapersonalmente, ritengo che la recente Storia dell'Europa altro non sia che una fase storica propriamente detta e non, come alcuni pensano o almeno auspicano, una parentesi, da chiudere al più presto.
Non è catastrofismo pensare che, a prescindere da responsabilità ed errori, più o meno contingenti,una pagina dell'evoluzione socio-culturale- economica stia per chiudersi.
Se ne aprirà una nuova, con nuovi protagonisti, ruoli, rapporti di forza.
Servono recriminazioni, accuse, attribuzioni di responsabilità? O sono, viceversa, più utili analisi obiettive, realistici propositi?
Opto per le seconde, aggiungendo la speranza che si possa affrontare le novità nel segno dell'armonia e dell'equità.
Certamente alcuni cardini del sistema a cui siamo stati abituati negli ultimi tempi dovranno essere rivisti.
L'ideale di un'economia senza frontiere, ad esempio, deve essere riesaminato, senza aver paura di toccare nervi quali il protezionismo.
Dobbiamo chiederci se la spinta verso un sistema fortemente globalizzato sia stata veramente positiva, sotto il profilo non solo economico in senso stretto (ad esempio la redistribuzione del reddito), ma anche sociale e culturale.
Senza timore di apparire retrogradi non è difficile affermare che il mondo attuale è molto più "piatto" e omogeneo di qualche decennio fa.
Ovviamente, pro e contro. Fra i pro la facilità di spostarsi e un livello sanitario mediamente migliorato. I contro sono talmente numerosi che li lascio all'inventiva del lettore.
Basti dire che neanche il concetto occidentale di democrazia dimostra di reggere in tutte le parti del mondo, come risulta ben chiaro dalle recenti vicende egiziane.
Il mondo che ci attende tornerà ad essere più complesso e difficile, ma proprio per questo chi lo gestirà sarà naturalmente portato ad agire con maggior consapevolezza.
Ed è questo, per ora l'augurio che mi sento di porgere agli amici di Dialetticando.
A.R.
Grazie per l'augurio! Mi auguro anch'io che chi gestirà questo nostro mondo, sempre più complesso e difficile, abbia le competenze, l'onestà e gli occhi sufficientemente aperti per affrontarlo...Me lo auguro, ma...qualcuno di voi vede almeno una persona capace di rendere credibile questo augurio???
RispondiEliminaA mio parere le strategie politiche o "le furbizie" burocratiche e/o amministrative possono contribuire ma fino ad un certo punto. E' necessario invece introdurre nella società (ma cominciando dal basso, ossia dalla scuola) un maggiore senso civico che comporta il rispetto per gli altri e l'ambiente in cui viviamo. Sarebbe sufficiente cominciare a chiederci se amiamo il posto in cui viviamo e se la risposta e' si', allora dobbiamo prendercene cura. Senza essere troppo ottimista, penso che solo da questo atteggiamento potrebbero nascere stili di vita più "sani" che influenzerebbero sia le piccole scelte quotidiane, ma anche le grandi (eleggere un politico meno corrotto) Ritengo che questo ci potrebbe portare addirittura a decidere di scendere in piazza a manifestare il nostro pensiero contro schemi della politica che poco hanno a che fare con il bene del Paese. Perché non lo facciamo più ? Eravamo piccoli nel 68 ma qualcuno di noi se lo ricorda, perché abbiamo smesso di partecipare attivamente alla vita del nostro paese ? Livia
RispondiEliminaVorrei commentare quanto scritto da Giorgio Loli . Dobbiamo ridimensionare il nostro stile di vita??? E' vero solo in parte. Chi dovrebbe ridimensionarsi è qualcun altro...... ovvero la CLASSE POLITICA !!! Via le auto blu, gli sprechi , le consulenze principesche, gli stipendi scandalosi , non tanto dei parlamentari, che sono in numero limitato, quanto quelli di consiglieri regionali, comunali e provinciali, dei managers pubblici, alcuni dei quali guadagnano il doppio del Presidente degli Stati Uniti, le pensioni d'oro.
RispondiEliminaSe si mettesse un freno a tutto questo, non dico che supereremmo la crisi , ma il nostro paese potrebbe finalmente respirare e il debito pubblico calare e...le tasse, che stano massacrando i poveri lavoratori dipendenti, diminuirebbero e i consumi riprenderebbero, ..
Purtroppo è tutto al condizionale...i privilegi non si toccano. E pensare che un paio di politici - un uomo e una donna di ideologie opposte, dei quali ometto il nome, - hanno fatto presente tutto questo, con conti alla mano, e nessuno li ha considerati
Raffaella Maffi